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Oltre Floyd, c’è la pena capitale

Oltre Floyd- Antigone Magazine


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Mi spaventa e mi immerge in un mondo di quelli visti nei film distopici, il fatto che possiamo vedere la morte di un uomo in diretta. Mi repelle una morte ingiusta ed anche l’omicidio legalizzato di un condannato, sicchè mi soffermo a pensare sulla dualità di reazioni che vedo oltreoceano. Torniamo con la mente al momento in cui abbiamo prestato lo sguardo al video in cui muore George Floyd: sguardo ben abituato allo streaming e ad una connessione globale che ci permette di essere ovunque in qualsiasi momento. Quali sono stati i riflussi? “È vero… sta accadendo davvero?” Certo l’orrore è arrivato dopo pochi secondi. Ma quanto è normale assistere ad una scena del genere e quanto è normale che chicchessia, coraggiosamente, non sia intervenuto? Quanta impotenza si è provata nel guardare un video del genere? Peraltro è interrogativo che ci si pone quasi automaticamente, benché altrove e in altre situazioni- non di molto differenti- non sia così e questo mi porta alle esecuzioni dei condannati a morte a cui gran parte del popolo americano, cinese, iraniano, bielorusso, assiste.

La colpevolezza che giustifica l’omicidio?

Che dipenda forse da questo il dualismo? Abitudine- alle immagini di morte- che fa tollerare e vendetta giustificatrice? Incomprensibili, i protagonisti di questa triste pagina, ancor di più se si pensa al fatto che nel caso specifico l’uomo ucciso fosse un innocente, fino a prova contraria. Le rivolte sono in corso: vedo in strada molta più gente di colore che bianchi, mentre ridondante mi appare sui social l’immagine di un uomo che poteva essere salvato e suscita sdegno. Dall’altra parte, poi, inevitabile il paradosso della pena capitale che gode di gran consenso. A che punto ci si trasforma in assetati di vendetta? A che punto l’Uomo perde l’indignazione dovuta ad una morte indotta da uomini di Stato? La distanza esistente fra la morte di George Floyd e le esecuzioni dei condannati è labile per me, eppure osservando mi rendo conto che ai più sembra abissale ed incolmabile.

L’Uomo si indigna per il poliziotto che uccide un altro uomo, afroamericano: il retaggio di una cultura fortemente e geneticamente razzista.

L’Uomo tuttavia non si indigna per il boia che inietta la sostanza letale ad un condannato poiché colpevole. Laddove su di una vita che si presuppone immeritata- del condannato – ci sono certezze e, impossibilità di ripensamento o di apertura alla rieducazione, al contrario sorgono in me dubbi ed incertezze.

Inusualità in democrazia

Un elemento importante di differenza, fra i paesi che ho menzionato, c’è. Delle Nazioni residue che applicano la pena di morte la gran parte sono oppresse da un regime autoritario o teocratico. Gli USA sono o dovrebbero essere una democrazia, la più grande del mondo.

Eppure, in piena libertà, l’americano è orientato a scegliere la pena di morte, non solo: vi stupirebbe leggere di quanti di essi abbiano presentato domanda per far parte di un plotone di esecuzione.

Vi stupirebbe di quanti giovani studenti di giurisprudenza invochino negli Stati abolizionisti il ritorno dell’esecuzione, in barba ad ogni logica e statistica che dimostri l’inefficacia preventiva e deterrente. Cosa ancora più grave: ciechi di fronte ai tanti casi di innocenti finito sulla sedia elettrica perché neri ovvero impossibilitati ad avere una difesa costosa, e abbandonati ad un legale d’ufficio spesso impegnato in più casi di quanti un avvocato possa seguirne nella realtà.

Dicevo, la differenza è labile. A fortiori se si parla di diritti in un Paese che dagli anni 60 in poi ha visto nascere una Resistenza attiva, la stessa Resistenza di sinistra di cui parlava Pasolini al ritorno dai ghetti Afro: mentre in Europa ci si rilassava sulla poca pace conquistata condannandoci alla mediocrità, gli intellettuali e non, formavano eserciti invocanti diritti sociali per tutti i cittadini. Cosa sia successo dopo è un’involuzione, una de-eticizazzione di cui è complice, a mio avviso, il nichilismo prodotto dalla facilità del mondo dematerializzato.

Che uno Stato sbagli, adotti politiche rigide e non intervenga a tutela dei suoi cittadini, pare la normalità. Quel che normalità non è riguarda invece l’abulia da una parte e l’odio dall’altra.

Mi pare, in questo mondo connesso h 24, che i pensieri siano più corti, che si rida per poco e per cose che non dovrebbero far ridere; che si guardi un uomo esalare l’ultimo respiro in live, innocente o condannato, la faccenda mi repelle ugualmente.

…c’è un’altra storia da dire, un aquilone che
non sa volare, un uomo che presto andrà a
morire, una pagina da colorare,
e domani sarà un altro giorno, con uno di
meno su questo mondo, ed una sedia che
scaricherà, rabbia e violenza in un solo secondo,
e domani sarà morte amara, un omicidio
legalizzato, un’ingiustizia chiamata legge, un boia di nero mascherato

https://www.youtube.com/watch?v=SnaYU4–ZAQ

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