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Aborto in Italia, dalla 194 al co-vid: 40 anni di diritti negati…


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In occasione delle problematiche sanitarie correlate alla diffusione del corona virus, in Italia è tornato alla ribalta un problema che già presentava la sua tragicità nei 40 anni precedenti e ora è più esigente che mai di attenzioni: il combinato fra medici obiettori di coscienza e l’assenza di posti letto per le IVG. Al contrario di altri Paesi europei da noi non è ancora possibile effettuare l’aborto farmacologico in day hospital, soltanto in questo modo si garantirebbe un diritto della donna, già ostacolato a livelli altissimi, si eviterebbe di occupare posti letto per tre giorni, ed inoltre un possibile contagio da corona virus.

Alla luce di questa inaccettabile situazione io e la pagina Informazione Giuridica abbiamo deciso di collaborare per fornire un’analisi sia giuridica, approfondita, dell’istituto che degli aspetti sociali conseguenti al movimento femminista, gli stessi aspetti che hanno sconfessato le concezioni patriarcali della donna, e rivoluzionato il modo di concepire la maternità.

Per l’analisi giuridica dell’istituto vi rimando al video successivo di Informazione Giuridica:

E dunque per arrivare ai punti legislativi che oggi andrebbero revisionati è bene iniziare da un’analisi di quelle che furono negli anni ’70 le posizioni nella società civile, le posizioni politiche e religiose, i retroscena, rilevantissimi, del Governo Andreotti.

Le posizioni

Leggi anche: https://valentinafalsetta.it/2020/04/01/erano-donne/

Sin dall’alba delle manifestazioni femministe il panorama politico e sociale in Italia si è diviso in due posizioni opposte e ancora oggi inconciliabili: da un lato i pro choice e dall’altro i pro life. I primi sono quelli che sostengono l’esistenza del diritto alla vita a partire dalla formazione dell’embrione sostenendo che non ci sia una fase dello sviluppo più importante di un’altra, di conseguenza la necessità di una tutela giuridica che ponga il divieto assoluto di aborto, considerandolo alla stregua di un omicidio. I secondi riconoscono il diritto della donna ad interrompere la gravidanza in quanto questa se non desiderata o causata da particolari situazioni, come stupro o incesto, potrebbe portare a gravi conseguenze fisiche o psicologiche: essi riconoscono in generale una legittima aspettativa a nascere dell’embrione, tuttavia credono fermamente che su di questa debba prevalere la libertà di autodeterminazione della madre.

Il problema della religione

Ebbene, come sovente tutti abbiamo pensato, pur essendo l’Italia uno stato laico, nei fatti ciò non si è dimostrato. E tale presunta separazione fra potere religioso e potere politico è rimasta lettera morta dal momento che nelle decisioni più importanti per la vita del Paese la Chiesa cattolica ha avuto enorme, elefantiaco, sproporzionato peso. Vuoi direttamente, vuoi indirettamente.

Sicchè quando evoco alla memoria di tutti le sorelle nella storia e nel presente perseguitate e lapidate da musulmani indù e via dicendo, per onestà intellettuale, pur avendo fortemente apprezzato l’attivismo civile di alcuni Pontefici, non posso eludere la strage che la Chiesa ha perpetrato nel corso dei secoli. Per paura di donne medici, scienziati, potenziali nemiche di un Potere unicamente maschile, e soprattutto non posso guardare solo al passato quando la messa al rogo è contemporanea, certo in modi più subdoli, meno cruenti. Ma siamo ancora, nei fatti, condannate.

Invitate al pentimento come se l’atto stesso di interrompere una gravidanza fosse per Noi un giro di giostra, non doloroso, non impresso a vita nella memoria e nel cuore. Da ultime le dichiarazioni di Papa Francesco nel 2016 hanno scolpito nel marmo delle colpe femminili l’aborto, e risalendo indietro negli anni emblematiche le dichiarazioni di Giovanni Paolo II: egli ci paragonò ad Hitler, colpevoli di aver dimenticato Dio, indotte dal male ad uno sterminio pari a quello ebreo ed al disfacimento dell’istituto familiare. Sempre per amor di oggettività non mi aspettavo certo che la Chiesa fosse concorde, bensì più “indulgente.” D’altra parte queste sono le stesse argomentazioni che i pro life adducono a sostegno delle loro tesi, ma questo si vedrà in seguito.

Le streghe son tornate

In politica

Un excursus che ci porta al cuore del discorso

Numerosi furono gli avvenimenti che influenzarono la nascita del dibattito nello scenario politico italiano: primo fra tutti la sentenza della Corte Suprema americana Roe vs. Wade che sancì il diritto di libera scelta della donna sulla propria sfera di intimità e negando lo status di persona al feto; successivamente in Italia si verificò un disastro ambientale a Meda, una nube di diossina investì le zone limitrofe, e questo per via della possibilità di malformazioni del feto portò all’autorizzazione del Ministero della Giustizia di interruzioni volontarie, decisive furono le parole di Giulio Andreotti, il quale ebbe un ruolo fondamentale negli anni successivi.

Nel 1971 la Corte Costituzionale dichiara illegittimo l’art. 553 del codice penale che prevedeva come reato la propaganda degli anticoncezionali. Nello stesso anno, il 7 giugno, viene presentato il primo progetto di legge dai senatori socialisti Banfi, Caleffi, Fenoaltea, a ottobre viene presentato alla Camera, sempre a firma socialista, un altro progetto. Le due proposte non vennero però discusse. L’11 febbraio del 1974 Fortuna presenta un nuovo progetto su cui ha l’appoggio del Partito radicale e del Mld (Movimento liberazione della donna). Il 18 febbraio del 1975 la Corte Costituzionale dichiara parzialmente illegittimo l’art. 546 del codice penale: veniva riconosciuta la legittimità dell’aborto terapeutico.

“Non esiste equivalenza fra il diritto alla vita e alla salute di chi è già persona, ossia la madre, e la salvaguardia dell’embrione, che persona deve ancora diventare”

Tra febbraio e aprile del ’75 vengono presentate ben sei proposte di legge sulla materia: il 14 febbraio il Pci presenta una proposta che prevede tassativamente i casi in cui è ammessa l’interruzione di gravidanza sino al novantesimo giorno, ossia pericolo di vita, serio pregiudizio per la salute fisica o psichica, possibili malformazioni del nascituro, violenza carnale, incesto. A questo punto ancora la decisione non spetta alla donna, bensì ad una Commissione composta da due medici e un assistente sociale nominata dal Consiglio di amministrazione degli ospedali.

La terza proposta è dei Liberali che chiedono la parziale legalizzazione: l’aborto deve essere motivato da ragioni di necessità grave e obiettiva.

Nella proposta repubblicana l’Ivg è consentita per grave pericolo di vita e grave danno per la salute della madre, se è conseguenza di violenza o incesto e se la gravidanza non ha superato le 12 settimane. Le altre due proposte sono del Psdi e della Democrazia Cristiana, in quest’ultima l’aborto resta un reato e prevede unicamente in determinate circostanze la possibilità di concedere alla donna un’attenuante. Per mettere pressione al Parlamento, il Partito radicale e il Mld, con l’appoggio di Avanguardia operaia, Lotta continua, Pdup e Uil, convergono nell’iniziativa di raccogliere firme per un referendum abrogativo delle norme del codice penale (Codice Rocco) che vietano l’aborto e l’8 novembre 1975 la Cassazione dichiara valido il numero di firme per il referendum.

Cosa succede dopo

Lo scioglimento anticipato delle Camere rimanda di due anni il referendum che si svolgerà nel 1978. Alla riapertura del Parlamento la discussione sulla legge ricomincia: il testo approvato dalla Camera viene bocciato in commissione al Senato ma i partiti laici lo ripresentano. Dopo varie polemiche e fratture, soprattutto sul problema dell’obiezione di coscienza dei medici, il 22 maggio 1978 la 194 è legge, anche se non ancora al riparo: nel 1981 viene sottoposta a referendum, dal quale esce indenne. Era fortemente cambiato lo scenario collettivo e la mentalità degli italiani.

Mai più nessuna legge compromesso sulla nostra pelle.

Andreotti pentito e la pressione femminista: lì si decidevano le sorti della legge

Ma in che modo la collettività cambiò modo di pensare rispetto alla maternità e soprattutto grazie a chi la legge 194 venne approvata? E’ di fondamentale importanza analizzare questo momento della Repubblica, ed ho scelto la fotografia precedente per un motivo bene individuato: in essa è contenuta la causa delle odierne falle della legge, la verità politica di un Governo che non potè fare altrimenti se non approvare una legge contraria ai propri principi cristiani, per evitare la caduta dello stesso.

Le streghe son tornate

Innanzitutto il movimento femminista degli anni ’70 portava in piazza un principio totalmente nuovo, rivoluzionario: quello dell’autodeterminazione sul proprio corpo. Da questo si può notare come rispetto ai movimenti ottocenteschi la questione non girava più attorno ai diritti civili e politici (ad es. le lotte delle Suffragette), ma si concentra sulla libertà di scelta, sul duplice versante della sessualità e della maternità: da ciò consegue che in netta frattura con tutte le idee precedenti, la sessualità si pone ora su un piano non necessariamente collegato alla maternità, e il matrimonio si slega dal concetto di maternità obbligata. L’ondata dell’aborto libero non fu solo italiana, anzi i nostri movimenti presero le mosse da opuscoli e libri di altri paesi europei e statunitensi. Per intendere la grandezza e di conseguenza la pressione che portò ad approvare la legge 194 basta pensare agli aborti autogestiti, ai moti di autodenuncia sostenuti dai partiti di sinistra. Così le femministe avanzavano e così scardinavano ogni limite imposto dal patriarcato: dalla richiesta di sussidi per asili nidi in vista di una coniugazione legittima fra lavoro e maternità, all’istituzione di consultori sessuali e diffusione di metodi contraccettivi fino ad allora vietati.

Colpevoli di aver distrutto la Famiglia

Su questi ultimi aspetti del movimento si fondano le critiche dei pro life: il movimento femminista sarebbe colpevole di aver non solo legalizzato l’aborto, ma cosa più grave distrutto l’assesto familiare, sacro ed inviolabile, aborto e divorzio dunque come mali assoluti, e diritti individuali della donna sacrificabili in nome della stabilità delle nascite e del vincolo matrimoniale. Poco importano dunque le percentuali di violenze domestiche, di figli plasmati nell’odio genitoriale, tutto pur di mantenere la sacra istituzione. Così attenti alla vita i pro life, così coerenti, che non si curano delle donne morte per aborti clandestini. Per me basterebbe questo a smontare il tutto: bisogna ammettere che gli aborti esistono dall’alba dei tempi e sempre esisteranno, ed alla luce di questo scegliere se lasciarci morire in nome di principi etici personalissimi o lasciarcelo fare nella legalità non rischiando la vita.

Il pentimento di Andreotti e la questione della Repubblica

Il ruolo di Andreotti come Presidente del Consiglio in quel momento di forti tensioni fu decisivo: come lui stesso ammise il solo pensiero di aver controfirmato la legge evocava una profonda ferita, da democristiano ebbe a che giustificarsi con molti per la scelta presa. Egli ammise persino il pentimento poichè avrebbe dovuto dare le dimissioni uscendone coerente e intatto nei principi cristiani, ed è storia nota che così non fece in quanto:

“Forse giocò nel sottofondo anche l’ attaccamento al potere, personale e di partito, e ne faccio ammenda; ma prevalse la considerazione che passare la mano nel governo sommasse ad un danno un altro. D’ altra parte la pubblicazione della legge apriva la via al referendum abrogativo che si sperava potesse avere un esito meno avvilente di quello sul divorzio”.

Come l’Italia è arrivata a promulgare la legge 194 nonostante la presenza di un governo di maggioranza cattolica?

In primis grazie all’iter che ha portato all’abrogazione dei reati contenuti nel Codice Rocco, minando quelle che fino ad allora erano state le certezze cattoliche del Paese, e successivamente “grazie” ai compromessi politici in Parlamento per porre fine all’ostruzionismo radicale. Emerge in maniera evidente visionando le sedute parlamentari la lucida consapevolezza dell’importanza e della responsabilità che comportava l’adozione della legge: la DC si macchiò di mancanza di strategia unitaria sostituita da una cultura del compromesso. Per questo motivo si parlò all’epoca di gioco politico.

Posizioni di neutralità e tolleranza nei confronti dei nuovi costumi sociali furono assunte da Moro, atteggiamenti ritenuti al centro del “compromesso storico”, fortemente criticati all’interno del partito, e lo dimostra questa dichiarazione:

“Il Governo, quindi, al 13 febbraio 1973, non era neutrale, aveva le sue opinioni, prese responsabilmente posizione. Che cosa è accaduto rispetto ad allora? Forse la ragione va individuata nel fatto che nel febbraio 1973 non vi era un alleato scomodo, non vi era un alleato troppo esigente, il Partito socialista italiano era infatti all’opposizione. La decisione del Governo di dichiarare la sua neutralità deriva, dunque, dalla precarietà della maggioranza che lo sostiene, anzi dall’inesistenza della stessa? Il Governo è forse preoccupato di urtare la suscettibilità del partito socialista (non voglio dire del Partito comunista italiano, il che sarebbe veramente grave)?”

40 anni di diritti negati

Siamo giunti al 2020. In aggiunta ai medici obiettori di coscienza che in alcune regioni d’Italia raggiungono soglie del 93%, si aggiunge il problema di contenimento del virus: non è più possibile il ricovero previsto, tanto meno l’utilizzo della RU486 che in alcune regioni manca del tutto, come in Sicilia, e nelle altre vi è l’impossibilità appunto dell’aborto farmacologico in day hospital.

La situazione è incivile, più di quanto già lo fosse. Se quello che conta è la tutela della salute, allora conta anche la salute delle donne, non ci dovrebbero essere tutele di serie A e di serie B.

Basterebbe l’autorizzazione dell’Aifa, eppure non una sola parola è stata spesa dal Ministro o da canali vicini.

Se si volesse scongiurare il pericolo degli aborti clandestini…

Se si volesse davvero scongiurare il pericolo degli aborti clandestini, se questo fosse considerato veramente un fatto tragico e mortale quale è… questa del corona virus sarebbe stata l’occasione ideale per far sentire la presenza dello Stato, per dimostrare che le morti causate da aborti praticati in condizioni di scarsa igiene per disperazione sociale ovvero per eccessiva gravosità del procedimento, importano e pesano sulla coscienza della Nazione tanto quanto la vergogna delle percentuali regionali di obiettori.

Una vergogna per cui non si indigna soltanto la sottoscritta ma anche l’Europa che ci ha richiamati sulla strada della civiltà: il fatto è che nella stessa legge 194 è stata previsto il diritto di obiezione, rendendo in concreto non esercitabile il diritto all’IVG in alcune zone d’Italia, tuttavia allo stesso tempo l’obiezione non può essere invocata qualora l’intervento sia necessario per salvare la vita della donna. Ed ecco la contraddizione di fondo.

Mai più nessuna legge compromesso sulla nostra pelle

Che senso ha avuto combattere per la 194 se la legge approvata, in concreto, ha mantenuto inalterata la situazione? Continua ad essere garantito l’aiuto in caso di pericolo gravissimo, sicchè per costringere un medico a soccorrere la donna questa pratica l’aborto clandestino ed arriva in pronto soccorso in situazioni critiche. Nella 194 sono presenti troppe contraddizioni, e di contro non sono previste contromisure. Proprio in questo si evince come la legge fu gioco politico, un prodotto di scambio per tenere a bada le proteste e mantenere la poltrona.

Quarant’anni di diritti negati. Un diritto inalienabile della donna e di questa soltanto ridotto a mero compromesso. Continuano a bruciarci sul rogo delle manifestazioni e dei raduni, nei loro talk show e ritrovi politici in cui invece di affrontare il problema dell’obiezione ci si dà la colpa di usare l’IVG come contraccettivo. E queste, signori miei, sono le parole di chi ancora oggi osa parlare di utero e di sentimenti incancellabili come se fossero merce elettorale.

Cosa ancora va cambiato

L’Italia non è un Paese civile. Non lo sarà fintanto che lasceremo le donne sole, ad abortire in casa con i ferri da calza e i medicinali acquistati su internet, non lo sarà fintanto che non imparerà ad analizzare un panorama socio economico diverso da nord a sud, dai grandi centri alle periferie abitate da clandestine: donne non abbienti, impossibilitate a crescere i propri figli, vittime di violenze non ancora equamente punite dal legislatore.

Non saremo un Paese civile finchè non saremo al fianco delle più deboli garantendo un accesso all’IVG meno gravoso.

Tanto si potrebbe e si deve ancora fare, ma fino ad allora saremo ancora streghe devote al Male, fantasmi inascoltati e ignorati, coloro che succedettero ad una stagione femminista che ci ha donato la possibilità di scegliere, eppure vittime di una Dc confluita in altri partiti, altre ideologie di bassa lega.

Sulla libertà sessuale e l’ipocrisia dell’”onore” della donna come unica ricchezza del sottoproletariato.

Nell’intervista tratta da Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini trovo uno spunto interessante di discussione: l’onore della donna rappresentava in quegli anni la sola ricchezza del sottoproletariato, soprattutto meridionale, purchè un accenno di libertà in campo lavorativo si stesse sviluppando ancora resisteva il tabù della libertà sessuale, in antitesi ad altre Nazioni già da molto tempo matriarcali.

Ad oggi la società è cambiata, tuttavia un elemento del sottoproletariato persiste: il pensiero che le proprie personalissime convinzioni religiose e morali debbano forzatamente essere estese all’altro.

Trovo limitante, profondamente egoistico, privare di diritti inalienabili le donne italiane a causa di concezioni religiose ed etiche che appartengono alla sfera interna del singolo individuo.

Signori, ad esempio, io potrei essere contraria alle armi perchè attentano al Sacro valore della vita, (questa è la tesi dei pro life), ma non per questo mi ergerei a giudice universale e vi impedirei di acquistare un AK-47 potenzialmente colpevole di stragi, ma allo stesso tempo mezzo di difesa.

La scelta è nostra, lo sarà sempre, continueremo a reclamare il nostro diritto a gran voce.

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