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La storia insegna, ma non ha scolari

columbus antigone magazine


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Cattivi politici creano cattive leggi. Questa la causa primigenia di ogni problema nelle società, elemento che accomuna il continente europeo a quello americano.

Lo si comprende dalle pagine di storia dalla lettura inusitata, dalle rivolte che hanno pervaso il globo negli ultimi giorni.

Manifestazioni figlie del razzismo endemico e della police brutality tornati alla ribalta nella cronaca, propagate in altre nazioni che alla stregua dell’America hanno le fondamenta intrise di violenze, abusi, schiavismo.

Marce compatte figlie di una storia intrinsecamente crudele.

La storia insegna: da sempre sconfitti e vincitori, da sempre cattive leggi cucite su misura agli interessi di pochi privati sulla pelle degli emarginati, degli invisibili, degli ultimi.

Perchè parlo di questo?

Perchè amici miei, sulla furia iconoclasta che sta travolgendo le strade del globo ho precise cose da dire.

L’incivilità non può essere sconfitta dall’incivilità: è la contraddizione insita in ogni Rivoluzione, in ogni movimento di agitazione popolare. Dallo scardinare i vecchi dogmi e le statue dorate nasce sempre un seme di violenza e incoerenze che finiscono con l’instaurare altra violenza e altri dogmi. Mi pare che il nuovo dogma sia quello della paura e del terrore: lo stesso che taccerebbe, chiunque come me parli dell’insensatezza delle azioni vandaliche, di razzismo o di parteggiare per l’oppressore. Cos’abbiamo imparato dunque dalla storia?

Provare a cambiare la situazione del presente aggredendo le statue del passato non porta da nessuna parte, ci fa sembrare anzi grotteschi e stupidi.

Contestualizzare Via col vento con sottotitoli indicanti la vicenda storica già evidente dalle immagini, peraltro facendo bere alle masse protestanti l’importanza di gesti del genere, è fallace. Provate a dirmi che fra 5 o 6 mesi la contestualizzazione dei film e l’abbattimento delle statue avranno sortito qualsivoglia effetto sulle situazioni di razzismo endemico. Fermatevi a riflettere su quanto tutto ciò possa essere una panacea per nutrire la rabbia popolare al momento, ma inutile a lungo termine.

Le statue sono immobili, mute, blocchi di cemento che simboleggiano talvolta personaggi discutibili: come fare se davvero- ma davvero- si pensi importante e utile rimuoverle? Petizioni, manifestazioni, di certo non comportarsi come vandali della peggior specie. A maggior sostegno della mia tesi- l’inutilità e la fallacia di queste rimozioni- il sentimento d’indignazione è parziale, e non poteva essere altrimenti in un tempo in cui si fa la caccia alle streghe: ne apprezzerei la coerenza se venissero criticate ad esempio le opere di Dario Fo, rastrellatore nella Repubblica di Salò. Ma credo che in tal caso insorgerebbero altre masse, a difendere le opere letterarie e un premio Nobel che non possono essere cancellati.

Ecco, dunque, la storia insegna, ma non ha scolari.

Ci insegna, se solo fossimo pronti a leggerla, che per cambiare davvero le situazioni degli emarginati, di chi nel 2020 ancora non ha diritti, bisogna cambiare le leggi. A ritroso nel tempo, da Nixon a Bush, ai nostri decreti sicurezza, il punto comune è -nascosto o meno- la forte politica denigratoria e de-umanizzante.

C’è bisogno di manifestare davanti a uomini in carne ed ossa, far sentire la voce a chi governa e a chi le leggi le crea: loro possono temere il popolo e la loro voglia di giustizia, le statue, amici miei, sono mute e sorde. Per quanto vogliate intingerle di simbolismi, è più comodo lottare contro mulini a vento che contro colossi veri.

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