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My beautiful shadow – Rhadika Jha


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Una sera invio questo messaggio: “sai che la sera, per rilassarmi, vado a guardare sulle app di shopping?” E’ una cosa talmente banale, credo lo facciano tutti: se non la sera prima di dormire, durante la giornata. Ho ricordato di quando mesi fa prima di dormire scrivevo nella mente o scrivevo nelle note (sempre al telefono), ma almeno compievo un gesto creativo. Mia sorella mi direbbe che il cervello ha bisogno di riposare, che non ci si può occupare sempre di cose serie, impegnative.

“Confessioni di una vittima dello shopping” come tradotto da Sellerio racconta di una donna giapponese e della cultura nipponica, ne emerge un quadro di solitudine nella rigidità dei rapporti; la protagonista in particolare, che arriva al sex work pur di non perdere la possibilità di acquistare capi costosissimi, attraversa nel corso del romanzo l’indicibile tristezza di sentirsi insoddisfatta della sua famiglia di origine, del suo aspetto, di suo marito. Niente basta in fondo per elevare sè stessa: nè gli abiti griffati nè la frequentazione di alto borghesi.

Un difetto che emerge in modo evidente è il fatto che l’autrice nella realtà ha vissuto in Giappone per poco tempo: non riesce dunque, a mio avviso, a scavare a fondo (e non che sia sempre richiesto, ma in questa particolare storia sì) il sistema fallace del nuovo millennio che si affaccia: il consumismo, il sistema capitalista, il desiderio profondo di possedere cose.

E’ ad ogni modo un libro pietra d’inciampo, segna e disegna quello che è stato l’inizio, il diffondersi del sistema economico capitalista: come il desiderio di possedere le cose, le cose nuove, ci consuma ogni giorno e allo stesso tempo produce auto indulgenza. Sarebbe troppo crudele giudicarci per questo poiché siamo nella ruota dell’obsolescenza programmata, dell’usa e consuma, dello specchio nei negozi che ti fa brutto quando ti vedi con gli abiti di tutti i giorni, e scendere pare impossibile. Avrei lasciato il titolo originale, “My beautiful shadow”, avrei prolungato quell’attimo poetico di innamoramento verso la propria ombra, quel bisogno di essere osservata, ammirata. Riuscito il concetto di gabbia perenne della condizione femminile: moglie, madre, amante o concubina queste donne rimangono sempre vittime della storia e di sé stesse.

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