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Vicino al cuore selvaggio solo Clarice Lispector


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“Io tendo al male, questo è sicuro, pensava Joana. […] L’unica verità è che vivo. Sinceramente, io vivo. Chi sono? Be’, questo è già troppo. Mi ricordo di uno studio cromatico di Bach e perdo l’intelligenza. È freddo e puro come ghiaccio, eppure si può dormirci sopra. Perdo la coscienza, ma non importa, nell’allucinazione trovo la più grande serenità. È curioso che non sappia dire chi sono. Cioè, lo so bene, ma non lo posso dire. Soprattutto, ho paura di dirlo, perché nel momento in cui tento di parlare non solo non esprimo ciò che sento ma ciò che sento si trasforma lentamente in ciò che dico. O perlomeno ciò che mi fa agire non è ciò che sento ma ciò che dico. Sento chi sono e l’impressione alloggia nella parte alta del cervello, nelle labbra- soprattutto nella lingua -, sulla superficie delle braccia, e corre dentro, anche, ben dentro al mio corpo, ma dove, proprio dove, non so dirlo. Il gusto è grigio, un po’ arrossato, nei pezzi vecchi un po’ azzurrognolo e si muove come gelatina, piano piano. A volte si fa acuto, mi urta, mi ferisce. Benissimo pensare adesso al cielo azzurro, per esempio. Ma soprattutto, da dove viene quella certezza di essere viva? No,non sto bene. Perché nessuno si fa queste domande e io… Ma è che basta tacere per scoprire, sotto tutte le realtà, l’unica irriducibile, quella dell’esistenza.”

Tratto da “Vicino al cuore selvaggio”, Clarice Lispector, Adelphi

Come un titolo recente: enigmatica, insofferente, sola. Cosa abbiamo capito di te? Poco. Ci siamo avvicinati forse a tentoni a quel che si può conoscere solo col talento di dire ciò che gli altri non dicono o non possono dire. Perché tentare vuol dire distruggere il tutto che è uno: e allora solo un poco, un poco più vicino, come Joana…

RIPRODUZIONE RISERVATA foto e testo

Valentina Falsetta