Nei progetti di scrittura o di pensiero c’è sempre un punto fisso da qualche anno, forse quando troverò il tempo di dedicarmi a una ricerca che non sia quella della mia tesi in giurisprudenza riuscirò a srotolare la matassa. Lo scialbo, il vuoto, l’anonimo. C’è a mio avviso un interessante pezzo di Giorgio Fontana sull’argomento (http://www.giorgiofontana.com/alcuni-problemi-del-discorso-pubblico-italiano/) .
Il primo maggio è una di quelle festività infettate dall’inutilità del discorso pubblico e politico: non si è capaci di rispondere ai fascisti, in occasione del 25 aprile, sul perché non ci si può definire anticomunisti in Italia, figurarsi parlare di lavoratori, sicurezza, morti e subappalti. E così fino a vent’anni fa (basta cercare su youtube) dai palchi dei concerti si intonava Bella ciao, mentre ora la stessa è divisiva e la presa di posizione su diritti civili, sociali, e politici ha ceduto il passo a monologhi banali e didascalici che potremmo leggere in qualche post sui social. Big Mama sul fallimento, Noemi sull’indipendenza economica, Shlein e Conte da Portella della Ginestra. Unico momento di forza Landini, con la ormai desueta fermezza e responsabilità di parola, lancia pietre contro il Governo e non chiede scusa né si perde in timidezze. La semplicità e la schiettezza è la controtendenza di questi anni. C’è da chiedersi, e lungamente rifletterci, quando e perché la parola ha iniziato ad annacquarsi, la classe politica a non vergognarsi di essere insulsa e comoda, la società civile ad abituarcisi.