Un percorso a ritroso mi si rende urgente e necessario in queste ultime ore riguardo il destino della Presidenza regionale in Calabria.
Ricordiamo tutti molto bene la disfatta dei Dem che misero in campo l’imprenditore Callipo e il destino di Tansi, ricordiamo la vittoria senza troppi fronzoli nè sforzi di Jole Santelli e il disgraziato- o dovrei dire sgraziato- piombarci addosso del Pff Spirlì.
L’avanzata del centrodestra in Calabria che pareva talmente surreale si è realizzata di certo non grazie ad una forza programmatica bensì ad una coesione e una narrativa personalistica che mancava e manca tutt’oggi alla fazione opposta e che ha reso molto facile, libera dal divisionismo e dal saccente egoismo dell’attuale sinistra, la scalata verso la presidenza alla Santelli.
A distanza di poco più di un mese dalle elezioni regionali, per me, quel che pareva un intricato schema di decisioni messe in atto dal Pd è adesso cristallino e l’ultimo pezzo da incastrare è l’appello del candidato Oliverio pubblicato nella giornata di ieri: si legge, addirittura, un richiamo che sembra l’ultimo grido disperato di un uomo-senza elogi ad un Presidente che nulla fece per ottenere quella rivoluzione che continuiamo ad invocare come greci al tempio- consapevole della disfatta, inevitabile, ripetuta e che sotterra, se ne era rimasta, l’ultima speranza di una Calabria guidata e rispettata, l’ultima preghiera dei calabresi di sinistra che senz’altro vorrebbero vedere crollare i privilegi concessi ad un’ideologia che i calabresi li ha sempre vilipesi, dimenticati, rimembrati unicamente in tempo di campagna elettorale.
Se persino Oliverio chiede l’unità ai piani alti, disposto a fare un passo indietro, un’ultima possibilità per la sinistra di avanzare in luogo di una sconfitta che ora pare annunciata in favore di Occhiuto, bisogna essere in mala fede o ciechi per non vedere come il Pd, che sempre vidi in veste di paroliere- ricordo le ultime parole del segretario Letta sul premio ai giovani in sostituzione di progettualità occupazionale- alla fine della novella è o poco interessato alle sorti calabresi o prestato anch’esso a logiche elitarie che noi, fuori dalla stanza dei bottoni, molto poco possiamo vedere e provare.
Chi la Calabria la vive sa che occorreva, con la massima urgenza e non certo da ora, un ampio piano riformatore che iniziasse a portare la Regione nel ventunesimo secolo in ambito infrastrutturale al pari di altre regioni, non di certo progetti dell’ultimo minuto e comparse che appaiono regalie.
Chi la Calabria la respira sa che urge sottrarre la P.a. alle infiltrazioni mafiose, rendere competitiva una terra bellissima e abbandonata, che turisticamente non avrebbe da invidiare o guardare dal basso.
Ecco perchè Pd e M5S sbagliarono con la candidatura della Ventura, dai toni sbiaditi, cercando di aggiustare il tiro con una donna seppur eccellente come Amalia Bruni e sbagliano ora come allora a non accogliere le richieste di un percorso unitario; a non considerare, con evidenza matematica, il terreno su cui ci muoviamo: un sistema elettorale maggioritario e un astensionismo che raggiunge il 50%.
E’ ai calabresi che dovrebbero concedere una chance forte di sovrastare il centro-destra.
In aggiunta al fallimento di Callipo delle scorse elezioni ben poco considerato- quasi che nascondere la testa sotto la sabbia conservi la dignità- l’errore del divisionismo che spero, nonostante io lo veda chiaramente, non ci porti ad un’altra sgraziata legislatura di centrodestra è la colonna portante di un cammino in salita che deve tutto alle idee sbiadite, pronunciate a bassa voce e mai troppo chiaramente, degli avversari.
Una storia, insomma, comune alla sfera politica, che ora più che mai avremmo avuto bisogno di ribaltare.
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