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Dal partito comunista cinese all’Ungheria di Orban

Orban tiranno in europa


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E’ recente la notizia rimbalzata su ogni testata mondiale: l’arcivescovo di Yangon attacca il partito comunista e Xi Jinping per aver zittito medici e giornalisti.

Afferma che il partito comunista cinese è il primo responsabile della pandemia che in poco tempo ha costretto tutto il mondo a cambiare stile di vita, a barricarsi dentro casa, a contare ogni giorno i morti e a mettere davanti agli occhi dei più boriosi come Bolsonaro, Trump e Johnson il dovere di arrendersi difronte ad un nemico più grande di noi e contro cui gli slogan e la negazione mentale possono servire ben poco.

Fuori dalla Cina l’iter è stato uguale per tutti, dapprima i leader che minimizzano e tentano di mantenere lo status antecedente: non si vuole cedere alla paura, quella vera, della morte, che le generazioni più recenti non avevano mai conosciuto- molti parlavano di percezione del rischio, di morti causate dall’influenza stagionale- e poi, improvvisamente, rendersi conto poco prima della dichiarazione dell’OMS che il pericolo era reale, non si trattava di percezione, tanto meno riguardava solo la lontana Wuhan.

“Il popolo cinese è vittima del partito unico”

Ebbene, l’Italia-preme dire- ha reagito in modo serio, pronto, attento alla vita dei cittadini come bene primario, pur con quegli errori di valutazione iniziali, esemplare per i Paesi colpiti successivamente; Non con la stessa prontezza hanno invece reagito altri Stati come la Spagna e la Francia.

Dal partito comunista cinese…agli autoritarismi ai tempi del co-vid 19

Tuttavia tutte le discussioni di questi giorni riportano a quella madre: l’accusa alle autorità cinesi di aver aspettato troppo a lungo e di aver taciuto la gravità della situazione al resto del mondo così provocando il caos globale.

Speculare a tali critiche in relazione al co-vid vi sono quelle, solite e naturali, ai metodi autoritari di Pechino, sebbene si tenti di guardare anche all’aiuto offertoci dalla Cina non si dimenticano i musulmani spediti in carcere, il regime repressivo di intellettuali e dissidenti.

Alla luce delle dichiarazioni dell’arcivescovo

E’ ovvio che quest’ultime critiche tornino alla ribalta in ogni dove sul web: sul versante italiano ai seguaci dell’opposizione- che ho definito più volte scellerata e continuo a rimanere ferma sulle mie parole- si contrappongono quelli che come la sottoscritta si rendono conto di leggere ogni giorno polemiche sterili sul governo italiano guardando ai popoli che sono realmente vittime di un virus forse, a lungo termine, peggiore del co-vid.

Pourparler si accenna all’esercito per strada ignorando che in democrazia non si ricorre alle forze armate tanto facilmente, pourparler si critica l’operato dell’esecutivo e mi chiedo come sia possibile non notare il grande senso dello Stato che si sta dimostrando in queste settimane e che, converrete con me, non vedevamo da anni.

Una mancanza di senso liberale

Abituati com’eravamo alla vergogna internazionale, alle uscite infelici e ignoranti sulle più basilari questioni giuridiche ed economiche, speravo in un cambio di rotta o quanto meno in una presa di coscienza, al contrario per la maggior parte continua ad imperare il cieco sostegno a personaggi discutibilissimi.

E’ qui che il mio dissentire si acuisce e non riesco a tacere, a perdonare l’ignoranza, a fortiori non riesco a tollerare chi appoggia le svolte illiberali consapevolmente.

Non sono bastati forse i totalitarismi europei che hanno combattuto i nostri nonni, le guerre degli anni ’90, la grave crisi che stiamo vivendo ora, abbiamo dimenticato le perpetrate violazioni dei più basilari diritti umani, il marasma che discende dal caos e dalle convinzioni politiche estremiste.

Vedo che piacciono tutt’ora agli italiani, ai sovranisti in generale -senza lasciare indietro i politologi da divano- tanto da rinnegare le libertà garantite nelle Costituzioni e le funzioni delle istituzioni democratiche.

Un golpe bianco in Europa

Sicchè questi stessi italiani si riuniscono in un plauso berciante, avvolti in un magma di frasi fatte, e offuscati forse dai km si guarda al golpe ungherese come ad una sorta di presa di posizione invece che vederlo per ciò che è realmente: un parlamento esautorato con la scusa del virus e di conseguenza la morte in Europa di un piccolo tassello di libertà, un fallimento per lo Stato di diritto e per i principi fondamentali dell’Unione che ormai sembra sempre più stanca e silente.

Il virus come lente d’ingrandimento

Viktor Orban è un tiranno.

Xi Jinping è un tiranno.

Non edulcorerò la verità e non metterò i paraocchi.

Forse l’amore platonico per il tiranno è talmente radicato nella cultura e nella società che non si riesce a lasciarlo andare: testimoni le elezioni degli ultimi anni che ovunque hanno visto l’ascesa dei partiti di destra.

Il virus ha messo in evidenza nel caso cinese la vita limitata a cui soggiace il popolo, mentre per quello ungherese il risultato-ancora non totalmente compiuto- a cui vorrebbero farci arrivare i sovranisti.

Alla luce di questo, l’orgoglio nazionale che provo e che mai prima di ora avevo conosciuto nella mia vita, mi induce a rispondere a coloro che hanno ”suffragato” la loro tesi di indignazione verso il nostro Paese, verso un Presidente del Consiglio di cui è sotto gli occhi di tutti la preparazione e l’umanità: l’empatia è quella tal cosa che vi farebbe aver meno voglia di vivere in un Paese con a capo un partito unico, di apprezzare un Governo che finalmente ha una voce a livello globale, non parcheggia i senza tetto, non dimentica i deboli, non invita alla rassegnazione;

Auspico ad un rinnovato sentimento di consapevolezza liberale che vi induca a ringraziare il fato- o qualsivoglia dio benevolo- per il solo fatto di esser nati in una piccola parte di mondo in cui non sparano se si viola il coprifuoco e non si invia la gente nei moderni campi di concentramento se non segui la religione di stato o non appoggi il partito.

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