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Italia come nei dipinti di Edward Hopper: silenzio e attesa.


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Articolo del 12 marzo

 “…Hopper ha trasformato New York in una Tebaide di eremiti, in una città deserta, immersa in una luce geometrica …Hopper ha dipinto la solitudine dei luoghi solitari e, più ancora dei luoghi che dovrebbero essere affollati. Ha dipinto le strade di Manhattan con i negozi chiusi e le tende delle case abbassate; rotaie su cui non scorre alcun treno, e pompe di benzina, senza una macchina intorno…Si susseguono nei suoi quadri, locali senza avventori e teatri senza pubblico. E, ancora, interno di albergo vuoti, dove una donna siede su un letto, sola; stanze con viaggiatori malinconici, che si attardano nella partenza; bistrot in cui gli ultimi nottambuli consumano l’ultima bevanda amara…La pittura di Hopper è piuttosto il tentativo di rappresentare i fondamenti  della natura e dell’uomo….che vuole cogliere l’essenza, l’immutabile, ciò che non può non essere …”

Elena Pontiggia, storica dell’arte, scrive di una città inusuale,  utopicamente svuotata nei dipinti di Edward Hopper: poeta del silenzio, della luce, di personaggi in attesa e che non comunicano fra di loro, nessuno mai come lui ha saputo trasfondere un senso di eternità nell’essenziale della luce solare sulla parete di una casa. I suoi personaggi sono staticamente fissati in una dimensione che sembra immortale, forse attendono l’arrivo di qualcuno, forse di capire qualcosa, lo sguardo è troppo al di fuori della nostra portata per poter cogliere il pensiero preciso.

L’Italia è in quarantena, strade deserte ed un silenzio assordante accompagnano le tristi statistiche che ci giungono dai notiziari, ed ecco che stamattina mi son svegliata e l’analogia mi è parsa chiara,  malinconicamente.

Ci troviamo in circostanze straordinarie, ed ora quella visione utopica di città deserta per noi è diventata reale, tentiamo di proseguire la routine nonostante il distacco -studio lavoro hobby- tutto nell’attesa di notizie migliori, di incontrarci presto senza la paura del contagio.

Tutti, dalle istituzioni ai cittadini, siamo stati messi forzatamente in pausa da un qualcosa che sembrava astratto fino ad un mese fa, ci troviamo a riflettere, a porre domande più insistenti poichè la probabilità di un collasso del sistema sanitario è adesso palese anche davanti agli occhi dei più ciechi,  non può più essere ignorata la certezza che davanti ad un’enorme difficoltà non siamo giunti preparati, ed ora più che mai nel silenzio che ci circonda riecheggiano gli anni di mala politica, di individualismi anteposti al bene della res publica.

Nell’attesa di un risorgimento, cara Italia, nutro la forte speranza di veder nascere una nuova consapevolezza, quella di sapere che esistono altre realtà oltre la nostra, privilegiatissima anche fra mille dissesti, che molti di noi sono corsi al supermercato e fuggiti dalle zone rosse ignorando il buon senso, benchè gridassimo alla protezione nazionale all’occorrenza, ci siamo trasformati in ciechi corridori, abbiamo dimenticato i nostri più antichi valori, non in occasione del co-vid, si intende, ma con esso  la dimenticanza si è ritorta contro noi stessi.

Abbiamo studiato sui banchi di scuola il mos maiorum , un corollario di senso civico, pietas, amicitia, virtus, maiestas, ma non abbiamo teso la mano per aiutare il bisognoso, alcuni si sono cibati da piatti d’argento, molti altri hanno subìto ingiustizie e son stati dimenticati.

Dunque ora, come i personaggi di Hopper, attendiamo… seppur avvolti da una reboante sofferenza,

volgiamo lo sguardo all’alba,

ci facciamo coraggio l’uno con l’altro,

ironizziamo, ma più di tutto… auspichiamo a qualcosa troppo a lungo sepolto: italiani, torniamo dall’isolamento più altruisti, informati, attenti ai nostri diritti ma anche, e soprattutto, ai nostri doveri di cittadini e di esseri umani.

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