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WEEKLY PHAMPLET: Perché le analisi sulle guerre della storia globale sono, ora, inutili


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Nel mezzo di un gelido inverno… ci sono piovuti addosso la guerra in Ucraina, le bombe, i carri armati e le esplosioni che rimbalzano da un social all’altro. 

Da giorni è impossibile pensare, immaginare altro.  

Impossibile pensare ad altro se non alle migliaia di civili che vivono sotto terra, nella metro, ai bambini appena nati e ai malati in situazioni fatiscenti, a Polina morta col pigiama addosso e agli altri bimbi strappati alla vita, ai tanti che cercano una via di fuga e alle tante ma forse insufficienti catene umanitarie che stanno prendendo vita. Persino i corridoi umanitari non sono più sicuri, i bombardamenti all’ospedale pediatrico di Mariupol sono diventati emblema delle falsità proclamate: in questa guerra, se non fosse già abbastanza evidente agli occhi del mondo, i civili sono obiettivi eccome.

Il dolore cresce di giorno in giorno, assordante come ci trovassimo nella camera più silenziosa del mondo, tanto da far passare in secondo piano le corbellerie che si dicono o non si dicono.  

Nella cloaca c’è la storia censoria e idiota che si ripete: i corsi su Dostoevskij cancellati in Bicocca, direttori d’orchestra licenziati, si confonde in pratica la politica delle sanzioni economiche col mondo della letteratura, dell’arte, proprio quel settore grande e imprescindibile se si volesse iniziare a dialogare di umanità e dinamiche geopolitiche, di guerra e di pace.  

L’unico anfratto rimastoci per sfuggire alla follia che –sempre più certa- poteva prevenirsi. 

Ed è proprio l’antefatto di non dialogo che nell’estremo dolore mi ha portato alla sensazione di amara sorpresa per le parole del premier Mario Draghi e degli altri leader europei, da Von der Leyen a Metsola, delle voci auterevoli e degli studiosi: se da una parte è necessaria una riflessione sul senso anestetizzato (non in mio e azzardo nostro nome) sulle guerre occidentali fuori dall’Europa, dall’altra parte subito dopo nasce un chiarissimo e sonoro: “dunque?” 

 Una volta accertata l’ipocrisia occidentale, detto che molti questa sofferenza la sentono sulle proprie spalle solo quando colpisce i vicini, cosa rimane? Come possiamo essere utili alla situazione che in Ucraina madri, padri e bambini stanno vivendo?  Perché la narrazione deve essere così statica?

Le verità dei circoli chiusi

Sono giorni di studio intensi in cui mi riscopro concordare con qualcosa e poi riapprofondirla, modificarla, poiché leggendo mi accorgo di come la situazione sia pregna di sfaccettature: il problema di cui parlo è intrinseco ad alcune digressioni che possiamo ascoltare nei talk show o leggere sulle testate più accreditate. La polemica è pure talmente confusionaria fra i vari protagonisti che chi legge o ascolta si trova in difficoltà e sbalzato da un parere all’altro. Quando ho iniziato a selezionare le fonti, mi sono ritrovata in un punto quasi chiaro. Alla fine di tutto, un articolo di Ida Dominjiani mi ha aiutato a comprendere in modo vasto il fenomeno e ad occuparmi di questioni geopolitiche senza però trascurare la guerra e la morte, quindi funzionale – per rispondere al mio interrogativo- ad un aiuto concreto.

Lo potete leggere qui:

https://centroriformastato.it/il-nuovo-scontro-di-civilta/?fbclid=IwAR3_HjVDhuEoIMRXXyIhswKNbb5LSrqR7gDPHpC3F0aeeLSEhwyLgcotrLw

L’articolo in questione aiuta tantissimo nel ragionamento ma soprattutto estrae cose che vorresti aver scritto tu: il fatto di essere pacifista e quindi contraria alla corsa agli armamenti, allo stesso tempo e di conseguenza l’errore dell’Unione Europea, tutta impettita e impegnata in questa narrazione bellica che sorprende; stessa Ue che avrebbe dovuto fungere da ponte fra Russia e Usa ed invece nello schierarsi perde la possibilità di trattare una pace.

Mentre da parecchi giorni mi accade di rimanere esterrefatta davanti ad analisi condivise da alcune giornaliste, politologhe, professori, che ero solita seguire con ammirazione per la lucidità politica e di pensiero: sono in sintesi post, consigli di lettura, tutti riguardanti la comparazione fra le guerre che si sono succedute negli anni, focus sull’ipocrisia dell’eurocentrismo, diritti umani che sembrano importare solo quando violati nelle vicinanze e pensiero binario, che trovo francamente inutili in questa circostanza.

Quando qualcuno arriva ad accusarli di essere filo putin (errando talvolta) ecco che insorgono a dimostrazione della loro stessi tesi: vedete, il pensiero binario è proprio il vostro, questo che spinge ad indignarvi davanti alle nostre analisi dotte, accurate, giustissime.

L’accusa di filo putinismo è ovviamente sbagliata ma non è questo il centro del problema: rimangono in tal modo, tristemente, vittime delle proprie convinzioni che peraltro, lo dico chiaramente, in altri momenti sarebbero rispettabilissime.

Tutto si amalgama per diventare niente

Invero anche chi scrive spesso si ritrova a contestare la polarizzazione del pensiero, il non accettare varie sfumature che dovrebbero essere sempre prese in considerazione. Sono in sostanza- non tutte- delle interessanti questioni didattiche che pure si contrastano al semplicismo con il quale viene affrontato l’argomento dai Gramellini di turno, e però pure loro posti con troppo estremismo.

Insomma, siamo pacifisti filo putin o pacifisti e basta? Siamo contrari agli armamenti ma filo atlantici o filo atlantici e per la no fly zone? Tutto si amalgama per diventare niente.

E’ il caso di dire, forse, che si cade da una parte e dall’altra in una confusione accentrata, estremista, che perde di vista infine sia la questione geopolitica che quella dei diritti umani per intricarsi nel personalismo, complice l’ondata vip che li investe,

Sono proprio quest’ultime conseguenze che nel momento presente- lo avrei detto anche se avessi vissuto la guerra del Golfo- hanno il suono di una fastidiosa e penosa insensibilità alla morte. Per questo motivo continuo ad invocare il silenzio degli intellettuali se un loro dialogo porta ad uno stato di belligeranza in circoli d’elite.

D’altra parte, è vero anche che coloro i quali avrebbero dovuto operare un bilanciamento prima dello scoppio delle guerra, si sono presentati impreparati, inadeguati.

Perché tutti sembrano volere questa guerra?  

L’Occidente e la Nato sono ben consapevoli del fatto che “[…] basta dell’olio versato per innescare una irriformabile catena di eventi” -da Il maestro e Margherita- eppure ci imbarchiamo lo stesso, stolti e consapevoli su di una nave che non solo attraversa acque estremamente pericolose per il mondo intero, ma anche ci proietta in una situazione in cui non potremmo più essere d’aiuto ad alcuno.  

La situazione è impossibile da prevedere nei risvolti futuri.  

Certo è che pur la nostra Costituzione permettendo di non essere totalmente neutrali – poi ci sarebbe da riferirsi ai trattati in materia di invio armi agli stati belligeranti- rimane sotto la luce del sole l’enorme fallimento a livello diplomatico.  

Le parole del Ministro Lavrov, rivolte alla scelta di non dialogo da parte di Roma, narrano di una manifesta inadeguatezza da parte del Ministero degli Affari esteri a partecipare alle dinamiche internazionali, parole che, mi colpisce ma non mi sorprende, non portano alla caduta del Ministro in questione.  

Utile il dialogo su diplomazia e pacifismo giuridico

Rivolgo un appello ai pensatori suddetti, servirebbe urgentemente una certa discussione sul percorso diplomatico che ci ha portato all’inesorabilità di una guerra, senza ridurre il tutto al pastrocchio dei pacifisti presunti filo-putin: è questa una comunicazione fallace, che dura il tempo del telegiornale e non serve a nessuno. Servirebbe invece rileggere e concentrarsi sui vantaggi che uno sviluppo del pacifismo giuridico- un terzo internazionale capace di risolvere tali controversie- avrebbe potuto portare, con tanto di pro e contro riguardo la limitazione della sovranità statale, di chi dovrebbe farne parte o di come debba stabilirsi.

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